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Porti e Labirinti

from La Malora by MARNERO

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lyrics

PORTI
E se queste fossero solo parole?
E se queste fossero solo parole?
Il silenzio ha senso, un secondo sole è sorto,
un morto è creduto vivo e un vivo è creduto morto.
Sul ponte della nave fuori dal Porto,
il senso di un viaggio senza ritorno,
il silenzio di un’assenza, un vuoto pieno intorno,
la scena di un incontro fra l’uomo di bordo
e l’uomo sul bordo.
La banchina è semovente,
in una deriva lentamente galleggiante.
La terra è ferma solo per quelli che hanno le catene
alle caviglie ai polsi agli occhi e alle vene.
Il formicaio dietro al Porto
è una grande tomba a cielo aperto,
Le formiche nel suo ventre ci lavorano per sempre
senza mai farsi domande.
Finirà che poi ci moriranno dentro.
Nel centro del cerchio.

LABIRINTI
Nei gangli del Labirinto, non si trova neanche
un mezzo vivente in mezzo a questa gente
e la luce accecante non fa vedere niente.
Il buio svela la sparizione dell’Orizzonte.
La città dietro al Porto è una tomba gigante.
Questa luce non è salvezza, è solo corrente
alimentata da una schiavitù consenziente
che si scava da sola una fossa gigante.
Le ferite aperte di un mendicante,
fra i morti lui solo mi guarda e mi sente.
La città dietro al Porto è una tomba gigante.
Seguo il Labirinto.
Gente in divisa spala corpi senza vita.
Perdo l’orientamento,
come fuggendo da un inseguimento.
Il Labirinto si prende gioco di me,
mi porta allo scarto, mi forza verso
la strada più lunga e io mi sono perso.
Nel buio, quattro lanterne
e l’insegna di legno di tre Taverne.
Una figura che non ha volto,
che io non guardo e non ascolto, mi mette in guardia,
mi guarda e mi dice di non entrare,
ma è un fantasma, è il disegno di gesso
di un corpo rimosso da uno spalatore.
La terza è una tetra Taverna, apro il portone.
(Una nave, una candela, un uomo in una pozzanghera,
sette rintocchi di pendolo e tutti voi)
Otto corde, cinque sedie e una Sparizione.

_____
All’alba di un giorno qualsiasi, una nave entra nel Porto di una città stretta fra mare e foresta. Il silenzio del mare aperto diventa a poco a poco il frenetico caos assordante di una terraferma, che poi proprio ferma non è, perché sembra muoversi sotto i piedi. La città, luminosissima, non è altro che una gigantesca tomba a cielo aperto in cui, come in un formicaio, i lavoratori consumano la loro vita scavando la propria fossa giorno e notte. Chi muore, durante lo svolgimento di questi eterni lavori forzati, viene spalato via da altri morenti, complici e figli dello stesso intento. Schiavi consenzienti, che a breve, a loro volta, saranno cadaveri.
Nel Labirinto dei vicoli dietro il Porto, un numero imprecisato di Sopravvissuti converge per caso verso i lumi di quattro lanterne che segnalano la presenza di tre Taverne. In tempi diversi, nonostante una figura, all’imbocco di un vicolo, li metta in guardia, entrano tutti nell’ultima locanda, solo chiusa all’apparenza: un luogo abbandonato e spettrale, con un insegna di legno che dice “La Taverna dello Scarto”. Nell’oscurità della Taverna di legno, davanti ad un gigantesco Specchio frantumato, i Sopravvissuti si incontrano per la prima volta e si siedono attorno ad un tavolo. Alcuni di loro sono arrivati con una nave, altri sono fuggitivi, altri naufraghi. Qualcuno si è svegliato lì dentro dopo una notte difficile, qualcun altro passava per caso. Tutti quanti sono feriti. Le loro ferite sono diverse ma uguali. Bevendo vino e giocando un qualche gioco di carte, ciascuno di loro racconta la sua storia, o ciò che ne resta. Scoprono nelle versioni altrui qualche elemento comune. Tutti loro hanno perso qualcosa, hanno fallito, sono Sopravvissuti.

credits

from La Malora, released January 1, 2016
Matteo Bennici: violoncello
Zimmi Martini: contrabbasso

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MARNERO Bologna, Italy

TUTTO QUELLO CHE NASCE MUORE
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