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L​’​Assedio di Malgrado

from Quando Vedrai Le Navi In Fiamme Sarà Giunta L'Ora by MARNERO

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about

Nicola Manzan: violino e viola
Matteo Bennici: violoncello
Mario Di Battista: pianoforte e synth

lyrics

L’ASSEDIO DI MALGRADO

L’ouverture è terminata.

Queste campane della catastrofe
L’incubo più incubato di questa vita
insopportabilmente corta, insopportabilmente lunga
che è poi lo stesso che è poi lo stesso

Alla presa del palazzo di Malgrado
il palazzo era vuoto, era stato evacuato.
Linee di fuga in ogni direzione,
nascere, e vivere, in una guerra al rallentatore.
Fra gli interstizi del sistema, un fiore
fra le macerie dei Non Ancora e degli Ormai.
Attraverso le crepe nelle mura,
una nave al buio e quattro marinai.
Nell’avvitamento di vite a metà
Malgrado tutto resistiamo in ogni città
riconquistando il Tempo
nel punto dove accadono le cose,
non prima, non dopo. Non prima, non dopo.

____________________
L’Assedio di Malgrado
Interi mondi sono finiti e adesso non ci sono risposte, solo domande. La catastrofe è già accaduta. Non “ormai”, ma “per l’appunto”. Finalmente Malgrado è assediata. Cani con la schiuma alla bocca rovistano nelle strade polverose ostruite dai detriti. Ok, c’è da cercare cibo difendersi dai cannibali dal freddo dai predatori dalla peste dai Nazgul e dai Mostri. Ma della fine ne eravamo al corrente comunque, senza che dovesse arrivare la morte delle cose, di una pianta di basilico, di una persona, di un’identità, di una scena, di una civiltà, a ricordarcelo. Tutto quello che si conosceva del mondo, e di sé, è perduto per sempre. Triste, reale, e bellissimo. In un istante, la meraviglia di assistere all’andare in pezzi dell’identità, guardando la fine di un mondo che va in rovina, lentamente, nel tempo, e la meraviglia di essere proprio lì mentre sta accadendo, al rallentatore. La nuova rotta nasce proprio da questa rottura. È giunta l’ora: accorriamo lungo tutte le direttrici, lungo tutte le possibili vie di fuga. La direzione non importa, importano i compagni di viaggio, che tanto i nomadi sanno sempre dove andare, e le macerie hanno cancellato la linea immaginario che segnava ogni frontiera. Siamo liberi dal copione prescritto, e dall’idea che qualcuno debba decidere per nostro conto. Da sempre, le rivoluzioni nascono nel momento del disastro, come reazioni dal basso, mentre tutto sta crollando. Ma forse stavolta la battaglia non è più per riconquistare un palazzo, un territorio, uno spazio, ma per riconquistare il proprio Tempo e determinarne la velocità. Non siamo in lotta contro il Tempo ma per un Tempo diverso, non più sottomesso al denaro e libero dalla paura. Vincere non dipende da noi, ma combattere sì, al nostro meglio fino a dove, e quanto, Malgrado ci permette di spingerci. Dipende da noi la potenza sotterranea di un flusso che non si arresta, di una resistenza liquida capace di rimettere nelle mani delle persone la propria vita. L’unico rischio che corriamo, nel peggiore dei casi, è al limite soltanto lo sguardo incarognito del boia e di un altro paio di persone, mentre, nell’adempimento delle loro mansioni, ci stanno impiccando.

“Gusci di uomini senza fede che avanzavano barcollanti sul selciato come nomadi in una terra febbricitante. La rivelazione finale della fragilità di ogni cosa. Vecchie e spinose questioni si erano risolte in tenebre e nulla.”
(C.McCarthy, La Strada)

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